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Aria, guastafeste per l’automobile

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La resistenza aerodinamica che incontra un veicolo che si muove su strada, fendendo l’aria, viene è chiamata Cx. Maggiore è la resistenza opposta e maggiore sarà l’energia necessaria per muoversi.

ll propulsore della nostra vettura, dopo aver trasmesso la potenza alle ruote, vincendo l’attrito al rotolamento, deve fare i conti con un nemico invisibile ben più potente: l’aria. Se non si è alla guida e si mette una mano fuori dal finestrino si può sperimentare immediatamente l’incontro con questo nemico invisibile. A velocità sostenuta si può osservare un effetto più o meno resistente in base a come si posiziona la mano, accorgendosi così implicitamente delle posizioni più favorevoli per limitare l’effetto resistenza. L’aria, se da un lato consente la nostra sopravvivenza e alimenta la combustione del motore, dall’altro penalizza fortemente i consumi, la velocità massima e la tenuta di strada dei veicoli.

La resistenza aerodinamica che incontra un veicolo che si muove su strada fendendo l’aria, viene chiamata Cx. Maggiore è la resistenza opposta e maggiore sarà l’energia necessaria per muoversi, con conseguenze ovvie sui consumi di carburante. Più è basso il Cx, più l’auto è efficiente dal punto di vista aerodinamico. È un numero adimensionale. Calcolarlo non è semplice, infatti viene ricavato in base ad una serie di operazioni che utilizzano dati che emergono dalle prove nella galleria del vento.

Non si tratta però dell’unico parametro in grado di definire la resistenza aerodinamica del veicolo, perché indica solo l’efficienza della forma. Per una valutazione complessiva delle qualità aerodinamiche occorre poi considerare anche le dimensioni: due vetture possono subire una maggiore o minore resistenza aerodinamica per effetto della sezione frontale di maggiore o minore dimensione.

Semplificando al massimo (trascurando ad esempio il peso del veicolo, la tipologia di gomme e una serie di altre variabili), per rendere l’idea di come il Cx influenzi le prestazioni del veicolo, ipotizziamo di provare due vetture di pari potenza ma con forma e resistenza aerodinamica differenti: quella con il Cx più basso andrà più veloce a parità di potenza erogata oppure consumerà meno carburante a pari velocità. Se una vettura contemporanea ha un coefficiente aerodinamico di circa 0,34, un valore considerato non male se paragonato allo 0,45 medio dei modelli Anni ’80 e ’90, la storia dell’auto è stata sempre una costante ricerca della migliore efficienza.

Un esempio molto eclatante è dato dalla Rumpler Tropfenwagen, un’automobile progettata e prodotta dall’ingegnere austriaco Edmund Rumpler dal 1921 al 1925, che vantava un Cx di ben 0,28. A metà degli Anni ’60 si è attinto all’aerodinamica dell’industria aeronautica, sfruttando inizialmente il concetto di profilo alare rovesciato per generare deportanza, cioè una forza verticale diretta verso il basso, con il fine di ridurre l’instabilità generata alle alte velocità.

Oggi, a causa dell’enorme sensibilizzazione sui temi energetici, si è tornati a parlare in modo preponderante di Cx e di efficienza aerodinamica, cioè il rapporto tra deportanza e resistenza aerodinamica.I più recenti software CFD, abbinati all’utilizzo della galleria del vento, consentono di ottenere coefficienti di Cx estremamente bassi, prossimi a 0,2, valori impensabili fino pochi anni fa. Anche la qualità costruttiva e l’attenzione ai dettagli possono contribuire in modo significativo a ridurre la resistenza aerodinamica: parliamo per esempio delle guarnizioni delle portiere, dei gap tra le pannellature, della profilatura delle parti mobili, del posizionamento dei tergicristalli e molto altro. Non è poi trascurabile la pannellatura del sottoscocca, totale o parziale, un metodo molto efficace per ridurre drasticamente la resistenza aerodinamica nella zona inferiore della vettura. Una soluzione che migliora consumi ed emissioni.

Oltre al sottoscocca esistono anche altre aree particolarmente sensibili al bilanciamento aerodinamico complessivo del veicolo come le zone influenzate dalla rotazione degli pneumatici, che generano turbolenze molto elevate e che, oltre all’aumento di resistenza aerodinamica, creano un enorme disturbo dell’aria nelle zone adiacenti e retrostanti. Il transfer tecnologico dal mondo delle competizioni, dove i concetti aerodinamici vengono estremizzati, verso le auto di serie, è oggi più che mai elevato. D’altronde, lo si era già intuito nei primi anni ’80, quando alcuni designer azzardarono la copertura parziale dei vani delle ruote, ma tali tentativi furono ben presto abbandonati, perché ritenuti anti-estetici. Oggi si è ritornati a porre grande attenzione all’ottimizzazione di queste aree, ma in un modo meno invasivo per il design. I più recenti paraurti anteriori, presentano infatti dei passaggi aria alle due estremità, che servono ad aumentare e migliorare il flusso che transita all’esterno delle ruote anteriori. In questo modo, si genera un migliore flusso, più pulito e più energizzato, attorno alle fiancate. Nuovi importanti sviluppi sono oggi possibili sulle auto con motorizzazione 100% elettrica. I progettisti infatti hanno molta più libertà nello studio delle forme e dei passaggi dell’aria, perché non più vincolati dagli ingombri e dalle necessità di raffreddamento del motore endotermico.

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